mercoledì 26 agosto 2009

Sensi di colpa

Tutto quello che dico ora, è ovviamente IHMO. In. My. Humble. Opinion. (Secondo la mia umile opinione). Siete liberi di credere quello che volete.

Ci sono persone che sono troppo educate. Per troppo educato intendo stare sempre zitti per evitare di distrubare. Se qualcosa ti appesantisce, bisogna che lo dici.
Bisogna dirlo, perché sennò succede. Succede che dopo scoppi. Se si riuscisse ad anticipare il fiume di rabbia, sfiatandolo come una pentola a pressione ogni tanto, ci sentiremmo meglio. Questo però richiede solo una cosa. Una persona molto intima con cui parlare.
Può essere l'amico/a, può essere il/la fidanzato/a. Talvolta può essere semplicemente...se stessi, a seconda delle metodologie di pensiero e di self-finding (inglese, "trovare se stessi"). Il punto è che talvolta parlarne a se stessi può portare a piangersi addosso. Che non è l'obiettivo che ci si dovrebbe prefiggere.

Dico questo perché ci sono passato. Ho passato la vita a piangermi addosso. "Non ce la faccio a farcela" è stata una delle scuse che da bambino usavo perché non sapevo come studiare. Nessuno me l'ha insegnato, sebbene avessero capito tutti come si faceva. L'ho capito solamente in quinta superiore, dopo che ho recuperato il debito di Economia Aziendale con qualcuno che mi ha seguito.
A dire il vero, credo di essere stato troppo protetto dai miei genitori, tanto da non sapere come gestire la vita da solo e in autonomia. Ed è anche per questo che non vogliono che stia fuori oltre le 11 e mezza (attualmente fino a mezzanotte, tipo Cenerentola).
O ancora, mi piangevo addosso perché desideravo qualcuno, ma non potevo averlo, in alcun modo. Adesso, ho capito che mi stavo facendo solamente illusioni, e che dovevo semplicemente prendere come fatto che non avrei mai potuto averlo.

Non credo di aver avuto seriamente qualcuno che ascoltava i miei problemi. Forse perché non volevo, forse in minima parte perché non c'era. Più probabilmente non volevo. Ma è sbagliato, non volerlo finché non impari a non piangerti addosso. Perché una cosa è piangersi addosso, l'altra è riflettere con lucidità cercando di analizzare il problema per trovare una soluzione, e talvolta accettare le sconfitte.

Due o tre anni fa, ho letto un libro che mi ha aperto la mente, e mi ha fatto scoprire anche parte di me. E' un libro che parla di coppie, cose che in teoria non mi riguardano, visto che non sono mai stato fidanzato: Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere. Tuttavia, da questo libro si possono ricavare lezioni che esulano dalla coppia. Sopratutto per gli uomini, imparare ad ascoltare invece che sentire.

Cosa vuol dire ascoltare? Significa cercare di capire cos'ha l'altra persona. Non limitarsi al fattore fisico del percepire il suono, ma cercare il significato di quello che l'altro dice, e cercare di essere empatici. Significa che una volta che si è sentito cosa l'altro ha dire, non bisogna dare consigli se non è richiesto, ma talvolta solo dimostrare di comprendere la tristezza o la rabbia altrui, in modo che la persona capisca che non ti ha semplicemente annoiato, che non abbia parlato al vento, al muro. Che non è sola.

Purtroppo questo non si applica solo alla coppia. Si parla anche delle normali relazioni interpersonali tra soggetti. Molte volte, si parla, e se l'altro non sembra capire quello che diciamo, urliamo ancora più forte, non risolvendo granché. Oppure ci rifiutiamo di ascoltare quello che l'altro ha da dire perché per noi è indubbio che abbiamo ragione. Entrambi questi comportamenti sono arroganti, ed esagerati. Per creare un colloquio salubre, bisogna venirsi incontro, e comprendere gli altri, ricordando che chi parla più forte non ha ragione, e che ripetere le cose con forza non ha miglior effetto. D'altra parte bisogna essere corretti anche nell'esporre le proprie lamentele e saperle esporre in modo che gli altri siano più disposti ad ascoltarle.

Ora veniamo ai sensi di colpa. Non c'é nulla di male nel parlare agli altri dei propri problemi, se le persone sono adatte a ricevere il tuo messaggio di aiuto. Ognuno di noi ha bisogno sentirsi importante a modo suo, e dargli importanza è fondamentale per non farlo sentire male.

Bene. Detto questo, avrete capito da come scrivo che ho scoperto con questo libro di aver bisogno di aiutare gli altri, di difenderli per sentirmi realizzato. Questo è perché mi sono spesso sentito poco importante per le altre persone. Tra l'altro questo non sentirsi importante è anche la motivazione per la quale parlo poco (spaventato tra l'altro dall'idea di dire cazzate e di essere ridicolizzato). E' il mio modo per rendermi utile, perché ho sempre visto la mia vita come senza scopo, vedendo me stesso come inutile. Ho voglia di dare alle persone l' affetto che meritano, evitare che si sentano come me sole nelle loro battaglie personali. Forse ho sbagliato scuola.

Adesso vado a nanna, che è tardi.

venerdì 21 agosto 2009

Presentazione/1

Salve a tutti, sono Diego Masiero.

Ho aperto questo blog perché ho deciso che voglio essere sincero con me stesso e con gli altri più che posso, e dunque inizierò col presentarmi.

Ripeto. Salve, sono Diego Masiero.
Soffro come ogni altro umano di qualche psicosi, perché come ogni altro umano ho problemi. Andiamo, non crederete sul serio che esista qualcuno che non ne ha, spero!
Come suggeriva uno scrittore italiano che dalla vita aveva capito tutto, ogni essere vivente è nato dalla Natura, e ricerca il piacere infinito, senza limiti di tempo e di intensità. Il punto è che non lo potrà mai raggiungere.

E questo non posso altro che accettarlo. In questa Via verso la Verità, verso il Vero Me, non riuscirò a trovare la felicità che tanto desiderio. Siamo umani, non siamo degli dei. Ma è bello sperare che possiamo farcela, no? Non è quello che fanno tutti quelli che seguono qualche religione? Di solito ci suicida perché non si trova alcuna speranza e si pensa che qualsiasi causa si segua siano solo cazzate, quindi meglio credere in qualcosa.

Bene. O male, non importa granché. Ad ogni modo, scrivo perché voglio provare a vedermi dal di fuori e diventare obiettivo. Così, quando ho la mente lucida posso provare a pensare di essere un'altra persona e capire dove sbaglio. Visto che parlare con altre persone è difficile per me, intanto proviamo così.
Ho provato a scrivere un diario, ma poi essendo di carta, l'ho lasciato a impolverarsi troppo spesso. Spero che non sia così anche per questo blog. Dopo questa lunga introduzione partiamo con la vera presentazione.

Salve, sono Diego Masiero, e sono un bambino, un esibizionista, un artista (nel mio piccolo). Sono nato l'8 Novembre del 1989 (attualmente ho 19 anni), il giorno prima della caduta di questo fantomatico muro di Berlino, ora solo un ricordo che vive nelle mente dei tedeschi. Sono Scorpione probabilmente con ascendente Saggittario e nell'oroscopo cinese sono Serpente. Ma di fatto, non ha grande importanza. Vivo quasi attaccato a Este, nel Veneto (in particolare nella provincia di Padova), regione italiana del Nord Est. Ho ancora entrambi i genitori che mi vogliono molto bene, e una sorella maggiore con 7 anni di differenza da me a cui voglio a sua volta molto bene. Nel mio ramo di famiglia, da parte del padre, sono circondato da cugine mentre ho un solo cugino. Nell'altro, dalla madre, ho solo cugini.

Sono cresciuto guardando i cartoni animati, e sognavo di fare il doppiatore. Essere cresciuti con i cartoni animati, di fatto per me significa non essere cresciuto affatto. Tutto quello che guardavo, da cartoni animati a film in televisione, mi ha imposto un determinato modo di vivere la vita. Ovvero, vivo la vita come un melodramma, vivendo qualcosa di poco naturale e troppo artificiale. Le mie emozioni si esprimono con veemenza, modellandosi nella mia testa come cortometraggi mentali di un milione di scenate.

Ho iniziato a giocare, e non ho più voluto finire. Ho la sindrome di Peter Pan, vorrei restare piccolo e giocare con i giocattoli per il resto della mia vita. Mi capita ancora di prendere action figures tra i milioni di giocattoli che mia mamma mi ha comprato quando ero piccolo, e di giocarci, dando loro una voce, dando loro un'anima, dando loro un carattere. Mi domando solo cosa pensino i miei di questo.

All'asilo ero un bambino amato, protetto, e tutti mi volevano bene. Per lo meno ricordo questo. Insomma...forse sono un tantino viziato. Nonostante la mia simpatia intrinseca che mi faceva avvicinare dagli altri bambini, ero e sono tuttora una persona relativamente chiusa. Il cambiamento più pesante che ricordo è alle medie, dove in pratica ero diventato uno sfigato con voti bassi, che visto che gli avevano detto cos'é il sesso, credendosi simpatico a chiunque, ha iniziato a dire scemenze tipo mitragliatrice. Un cambiamento davvero orrendo, che mi ha trasformato in qualcuno di odioso per la marea di cazzate che sparo a raffica ogni volta che apro bocca. In più certe volte cazzate particolarmente stupide che non fanno ridere.

Da quando me l'hanno fatto notare, vivo nel terrore di essere fastidioso, pedante, superfluo...o al contrario, peggio ancora, BANALE. L'idea mi terrorizza, e a dire il vero spesso penso di essere una nullità.

Nullità nelle discipline scolastiche, amplificato dal modo alquanto anomalo di mio padre di incitare la gente a fare di meglio (ovvero smerdarti e dirti che sei inutile). Nullità nello sport, perché poco atletico. Tra le altre cose ho sempre odiato gli sport di squadra, primo perché non mi piace giocare di gruppo, secondo perché mi chiedevano di che squadra di calcio ero tifoso, nonostante il calcio mi facesse venire il voltastomaco, e dovessi quindi dire una cosa e poi cambiare idea. Nullità nelle cose più semplici della vita e nei rapporti sociali. Difficilmente affronto la burocrazia da solo, figurarsi poi andare dal medico da solo, e altre cose del genere. Insomma, ignorante su quello che è vivere in una società. Come si prende un autobus? Ma siamo sulla coincidenza giusta per il treno? Come faccio a prenotare la visita dal medico? Mamma fai tu...che non ho idea di che diamine devo dire.

Infine, ho un animo artistico per quanto riguarda il disegno, il canto e qualche altra cosa. Già, il disegno. Una delle cose che mi deprime di più, dandomi la conferma che ci sono persone più speciali di me. In primo luogo, mia sorella Chiara. Imparai a disegnare seguendo le sue orme, senza però poterla mai raggiungere. Forse tra tanti altri che non disegnavano nelle mie classi, o che disegnavano raramente, ero il migliore, ma non era sufficiente. Brutta cosa l'invidia, eh?

Quello che posso dire a mio vantaggio, è che nella mia vita ho dei capisaldi.
  • Metti la salute, i problemi, e il benessere generale degli altri al di sopra ai tuoi problemi. Se ferisci qualcuno, vattene, e non farlo soffrire con la tua presenza.
  • Sii sempre leale con chi ti è accanto per quanto ti è possibile. Non imbrogliare, mai. Questo perché se sai che sei leale, non possono dire che al contrario non lo sei. La credibilità è qualcosa di molto importante. Quando andavo a scuola (ovvero fino a quest'estate, quando sono uscito dalle superiori) non ho mai copiato, e quelle volte che usavo qualche espediente non è servito assolutamente a nulla. E' anche vero che ho spesso lasciato in bianco. Ma ho avuto la soddisfazione di essere sempre lindo.
  • Fai del tuo meglio per non giudicare, a meno che non ci siano ragioni serie. Evitare dunque i pregiudizi verso persone di colore di pelle diverso dal mio, verso religioni diverse dalla mia, verso pensieri politici diversi dal mio (con alcuni dovuti distiunguo), verso ceti sociali diversi dal mio (purtroppo sembrano essere spariti ma esistono ancora), con gusti sessuali diversi dai miei, e quello che ne consegue.
  • Sentire è diverso da ascoltare. Sentire è percepire, ascoltare è comprendere. Quando litighi con qualcuno, quando qualcuno ti rivela le sue preoccupazioni, stai ad ascoltare. Cerca di capire cosa ti vuole dire. Non imporre le tue idee, sono passibili di fallibilità, ma consiglia senza impegno. Dialoga con calma, senza alzare la voce, perché chi grida non ha più ragione.
Per ora ho finito di annoiarvi. Mi venisse in altro, inserirò errata corrige, poi continuerò a parlarvi di me.